Da una molecola contro l’Alzheimer, una possibile cura per il coronavirus

Il farmacologo dell’Università Vanvitelli di Napoli lancia l’idea di usare una molecola, la  Pea-um, per contrastare la neuro-infiammazione, tipica dell’Alzheimer come terapia coadiuvante ai farmaci già in uso contro il Coronavirus

Una molecola sviluppata per contrastare la neuroinfiammazione in malattie come Alzheimer e Parkinson potrebbe essere utile anche per le persone contagiate dal coronavirus. A proporla è il prof. Sabatino Maione (professore ordinario di Farmacologia della Facoltà di Medicina dell‘Università Vanvitelli di Napoli).

“In caso di infezione il corpo attiva un processo infiammatorio difensivo ma che in alcune condizioni, se persiste, può diventare patologico debilitando il sistema immunitario. E’ questo che accade con il contagio da coronavirus, di fronte al quale – spiega – l’organismo presenta un deficit immunitario. Per questo è importante controllare il meccanismo infiammatorio. Una possibilità potrebbe arrivare dalla palmitoiletanolamide ultra- micronizzata (PEA-um): se questa molecola funziona sull’infiammazione periferica e sulla neuro-immuno-infiammazione si potrebbe immaginare un suo ruolo anche in caso di infiammazione polmonare, per aiutare il sistema immunitario a rafforzarsi per combattere il virus”.

Il ragionamento del prof. Maione è piuttosto semplice. “Il coronavirus è un agente esterno di cui non abbiamo conoscenza, la nostra memoria immunitaria non ha esperienza pregressa per cui il fenomeno infiammatorio che si scatena diventa presto incontrollabile: l’attivazione del mastocita, cellula del sistema immunitario fortemente rappresentata nella mucosa del tratto respiratorio, scatena una tempesta di citochine, mediatori dell’infiammazione”, spiega l’esperto.

“La conseguenza è una disregolazione del sistema immunitario. L’infiammazione – continua – aumenta e mantiene i processi patologici indotti dall’infezione virale soprattutto nel soggetto anziano che ha già un sistema immunitario compromesso. Quindi un intervento mirato alla regolazione del sistema immunitario, direzionando quest’ultimo verso la produzione di cellule immunitarie protettive, potrebbe coadiuvare in parte il trattamento terapeutico non ancora chiaro sia in termini di intervento sul virus che sulle componenti patologiche indotte dall’infezione”. Inoltre, il rischio effetti collaterali di PEA-um è basso.

“La palmitoiletanolamide ultra-micronizzata, sostanza endogena, non tossica e dal forte potere anti-infiammatorio, dice il prof. Maione, è in grado di controllare l’iper-attivazione del mastocita. La sua azione favorisce l’attivazione di sistemi endogeni coinvolti con i processi infiammatori come i cannabinoidi, determinando lo spostamento delle cellule dell’infiammazione verso un fenotipo protettivo. In questo modo possiamo regolare il mastocita favorendo il superamento dell’infiammazione. Bisogna allora tentare di capire se questa molecola può aiutare il sistema immunitario a rafforzarsi favorendo la capacità di aggressione anche in presenza di una patologia come quella che si instaura in seguito all’infezione da coronavirus”.

La proposta dell’esperto consiste quindi nell’utilizzare la PEA-um come terapia coadiuvante, insieme ai farmaci già in via di somministrazione, essendo per di più una sostanza sicura, endogena, priva di tossicità. “Potrebbe essere somministrata a pazienti di ogni età, ovvio è, conclude il farmacologo, che per un paziente anziano, già debilitato o con un sistema immunitario più fragile, questa molecola potrebbe essere un aiuto in più “.

Fonte: prof. Sabatino Maione (professore ordinario di Farmacologia della Facoltà di Medicina dell‘Università Vanvitelli di Napoli).

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