Gli estratti di Arnica montana sono da sempre usati per le loro riconosciute proprietà antinfiammatorie e la loro azione di guarigione dopo eventi traumatici o lesioni tissutali, ma finora il meccanismo d’azione era sconosciuto. Un notevole avanzamento in tal senso è stato portato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Verona, guidati da Paolo Bellavite, docente di Patologia generale,che ha dimostrato come in vitro l’Arnica stimoli l’espressione di geni della matrice extra-cellulare verso la guarigione delle ferite, con un ruolo centrale svolto dai macrofagi.
La guarigione delle ferite e i suoi meccanismi.
“Uno dei principali problemi nella guarigione delle ferite e che si innesca un processo infiammatorio che è un meccanismo a doppio taglio: da una parte provoca coagulazione, vasocostrizione e difese biologiche contro le infezioni,creando anche un meccanismo di guarigione, ma dall’altra parte può essere patologica,per esempio portando a fibrinolisi, emorragia, vasodilatazione,edema, dolore. Inoltre i leucociti possono agire non solo contro i batteri ma provocare danni al tessuto, come nelle infezioni purulente”, premette Bellavite.
“La regolazione di un processo infiammatorio è dunque un meccanismo estremamente complesso, ma normalmente sul piano farmacologico si agisce o con antinfiammatori o contro il dolore, affrontando solo un aspetto. In particolare, riguardo alla riabilitazione e alla guarigione, di farmaci veri e propri ce ne sono pochi e di solito si lascia far eil corso della natura o si applicano ovviamente presidi chirurgici.”
Queste dunque le ragioni difondo della ricerca condotta.
L’ipotesi preliminare e la sua conferma.
“La Sezione di Patologia Generale del Dipartimento di Medicina ha lunga esperienza nello studio dell’infiammazione e dei macrofagi e la nostra ipotesi è stata quella di verificare l’azione benefica dell’Arnica su queste cellule che,nella prima fase della guarigione delle ferite, coordinano varie risposte” spiega Bellavite, “A tale scopo abbiamo testato l’Arnica (il cui principio attivo è costituito da sesquiterpenilattonici)e il placebo in vari gradi di diluizione all’interno di provette di coltura delle cellule in un periodo di 24 ore. Il prodotto farmaceutico (e il placebo) è stato diluito e dinamizzato in soluzione idro-alcolica con passaggi di 100 volte e alla fine diluito e dinamizzato in acqua distillata per avere le soluzioni operative. E stata fatta una ricerca di ampio spettro, cioè in una prima fase lo studio di un pannello di geni che avevamo identificato come potenzialmente importanti per la funzione dei macrofagi (quali fattori degradanti il tessuto connettivo e proinfiammatori) mediante polymerase chain reaction (RT-PCR) per la quantificazione dell’RNA” .
Il risultato è stato positivo.
“Abbiamo osservato alcune differenze tra le cellule trattate e non trattate,soprattutto per quanto riguarda la produzione di chemiochine che richiamano le cellule leucocitarie, come la CXCL1. Soprattutto si è visto come le cellule che rispondevano meglio al!’Arnica erano quelle trattate con interleuchina-4 sostanza prodotta durante la guarigione delle ferite che fa differenziare i macrofagi da una forma cosiddetta”dormiente” a una forma attivata(M2) che esprime di più la capacità di guarigione delle ferite(mentre se questi macrofagi ricevono invece un prodotto batterico come l’endotossina si differenziano secondo la capacità di produrre infiammazione (M1)” Questo primo lavoro è stato pubblicato a maggio su “Homecpathy”.
Lo studio attuale e Ie sue scoperte.
“Sfruttando queste conoscenze biologiche e farmacologiche” continua Bellavite“ abbiamo studiato a tappeto tutte le espressioni di tutti i geni possibili del macrofago, il che significa studiare circa 30-40 mila diversi geni, cosa resa possibile con metodiche d’avanguardia quali il sequenziamento di nuova generazione dell’RNA (RNA-Seq)”.
Questa analisi bioinformatica molto approfondita sugli estratti cellulari è stata effettuala dal Centro di genomica funzionale della città di Verona diretto dal prof Massimo Delle Donne.
Il risultato e stato inatteso e sorprendente, ammette Bellavite:
“su 7 geni che sono stati attivati, 4 facevano parte della stessa famiglia e, in qualche modo, hanno a che fare con il tessuto connettivo. Si tratta di un’attivazione “debole” in termini quantitativi, ma importante in senso qualitativo; infatti nessuno aveva mai potuto stimolare i macrofagi a produrre la fibronectina, la fibrillina e il proteoglicano, sostanze che fanno parte della matrice extracellulare”.
L’esperimento è stato ripetuto 5 volte in modo meticoloso, sottolinea il patologo,usando test ineccepibili che tengono conto di ogni possibilità di errore o sovrastima. “La fibronectina di cui c’era maggiore quantità è risultata aumentata sia per l’azione dell’Interleuchina-4, sia a causa dell’Arnica”.
Ulteriori successi.
Perché il lavoro fosse accettato da “PLoSOne”, una delle più prestigiose riviste scientifiche”convenzionali”, i revisori hanno chiesto molti miglioramenti e una prova che quanto scoperto avesse un’importanza funzionale sulla pratica della guarigione delle ferite.
Aggiunge Bellavite: “Abbiamo allora effettuato un test in vitro di guarigione cellulare in cui viene effettuato su cellule in coltura un’graffio’ mediante una micro pipetta. In effetti, è risultato che l’Arnica accelera la chiusura di tale graffio” aggiungendo così un’ulteriore dimostrazione dell’effetto.
Tratto dal giornale Farmacista 33 di Giovedì, 12 Gennaio 2017, 06.24
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