Famiglia: Equisetaceae, Pianta officinale, Parte utilizzata: fusti sterili
Costituenti principali: flavonoidi (isoquercitina), triterpenoidi (equisetonina), acido silicico e silicicati 5-8%, Sali di calcio, magnesio, potassio, acido caffeico, dimetisulfone, tracce di alcaloidi (nicotina).
Attività principali: diuretica emopoietica emostatica; rimineralizzante; astringente, elasticizzante per uso esterno.
Impiego terapeutico: fratture, osteoporosi, forme reumatiche, anemie secondarie, arteriosclerosi.
Utilizzo medico:
Molte sono le piante che, pervenuteci dalla tradizione popolare, dopo accertamenti basati su prove biologiche e sperimentazioni cliniche sono passate a far parte della farmacopea odierna. Altre piante tuttavia pur avendo tradizioni antichissime, sono rimaste di dominio esclusivo della medicina popolare e fra queste l’Equiseto. Usato nell’antichità per la sua azione diuretica ed emostatica, solo all’inizio del secolo passato venne valorizzato e preso in considerazione, sia dal punto di vista clinico che farmacologico, confermando la sua triplice azione diuretica, emostatica, rimineralizzante. In Italia durante gli anni trenta, grazie ad un rinnovato interesse per le piante medicinali determinato dall’economia autarchica, nacque la ricerca del dottor C.Gibelli (Aiuto onorario di Patologia Chirurgica presso l’Università di Genova) il quale iniziò uno studio approfondito, tramite esperienze biologiche e prove cliniche, sull’uso di Equiseto fresco. Spetta al dottor Gibelli l’aver constatato e messo in luce, oltre alla nota attività diuretica, emostatica e rimineralizzante anche un’attività emopoietica. Studi successivi riuscirono ad appurare che il succo della pianta riscaldato oltre i 50 °C perdeva le proprietà emopoietiche, le quali erano pertanto in rapporto stretto con la vitalità della pianta “poiché si hanno effetti manifesti se la pianta é somministrata allo stato fresco”, e che tale attività si estrinsecava soltanto nei casi di anemia secondaria e non primaria.
Un importante capitolo sulle proprietà terapeutiche dell’Equiseto riguarda l’attività rimineralizzante. La pianta con le sue radici assorbe dal terreno sali alcalini d’acido silicico che danno luogo alla formazione di due tipi di silicio, solubile (organo-colloidale, che forma i colloidi citoplasmatici e risulta legata alle proteine, ai lipidi e agli amidi) ed insolubile (minerale, che si deposita nelle concrezioni epidermiche e all’interno delle membrane cellulari). Quest’ultimo è responsabile del potere abrasivo della pianta – da cui il nome di Asperella – e della capacità di riflettere la luce, che consente alla pianta di proteggersi da un’intensità luminosa troppo forte. La pianta però risulta essere ricca in silicio anche quando cresce in terreni calcarei. La sua azione rimineralizzante, confermata per secoli dalla tradizione popolare, non era conosciuta nei suoi meccanismi d’azione finché Vaquelin suggerì l’ipotesi che tramite probabili riarrangiamenti di sito degli elettroni, il silicio potesse facilitare la formazione di carbonato di calcio. Kervran (1975) scrive a questo proposito: ”solo il silicio organico è un silicio che può ricalcificare” e porta a suffragio di questa affermazione una sua sperimentazione. A ratti sottoposti ad un regime rachitogeno in seguito a frattura dei femori: il callo di cicatrizzazione apparve molto più rapidamente negli animali a cui furono somministrate quantità di Equiseto dosate con precisione, al fine di ottenere un’osservazione clinica attendibile. Con il solo calcio non si osservava nessun miglioramento subitaneo, anzi, al termine della sperimentazione, dopo 17 giorni, la comparsa del callo osseo appariva appena agli inizi. Il silicio quindi facilita la ricalcificazione, accelerandone i tempi. Per queste sue peculiarità ne viene consigliato l’impiego per favorire la formazione del callo osseo nelle fratture, sia in gravidanza che nella menopausa e nell’osteoporosi in genere, nelle forme reumatiche.
Il silicio è presente in tutto il nostro organismo, ma in particolar modo nel tessuto aortico e nei tendini; così ad esempio, la sua diminuzione legata ai processi di invecchiamento delle fibre elastiche nel tessuto aortico rende ragione dell’uso dell’Equiseto come preventivo nella cura dell’arteriosclerosi, in quanto favorirebbe un rallentamento dell’invecchiamento delle fibre elastiche. Per quanto riguarda l’attività diuretica, la diuresi provocata dalla droga è puramente idrica, senza alterazione del tenore in elettroliti. La pianta viene consigliata (Monografia Commissione E, 1986) negli edemi post-traumatici e statici e nella diuresi forzata in caso di affezioni batteriche ed infiammatorie delle vie urinarie escretrici e contro la renella. Può essere impiegata come coadiuvante nella terapia dimagrante.
Articolo selezionato dal dr. Edoardo Losa
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